giovedì 8 aprile 2010

Luca, Paolino, Alberto e la pallina di gomma

VI Parte

La porta si spalancò e due energumeni in camice bianco entrarono nella cella. Erano stati avvertiti di non sottovalutare la forza e l'astuzia di Luca, ma guardando il ragazzino non potevano fare a meno di chiedersi se con l'età Guglielmo non si fosse rammollito.
Comunque Luca non aveva intenzione di sferrare il suo attacco in quel momento, una delle prime cose che il Lupo gli aveva insegnato era stata quella di valutare le forze del suo avversario e di osservare il terreno dello scontro.
« tieni occhi e orecchi ben aperti! Studia il terreno, assorbi le sue caratteristiche, il suo odore. Cerca di conoscere i tuoi avversari, tra di loro si cela sempre un anello debole, approfittane. »
Il ricordo delle parole di Paolino lo aiutava a mantenere il controllo, mentre seguiva senza fiatare i due carcerieri attraverso i corridoi che lo portavano dal suo aguzzino.
« Guglielmo si è proprio rammollito! » diceva uno dei due e la sua risata risuonava nelle grandi stanze vuote.
« Attento a quello che dici... » lo ammoniva l'altro « se il Principe dovesse sentirti... » .
« Quel caro vecchietto? » continuava il primo ormai pieno di presunzione, « se prova a dirmi qualcosa, gli do una carezza sulla schiena che lo spezzo in due! » e scoppiava in un'altra risata.
Luca ascoltava. Tra gli uomini del Principe serpeggiava il malcontento.
Ovunque nella clinica si potevano scorgere i segni dell'incuria e dell'abbandono, l'odore di vecchio era ovunque. L'ultimo paziente era stato dimesso molti anni prima, ma il tanfo della paura e della pazzia impregnava le mura ammuffite, corrodeva gli animi delle persone, ne minava la volontà. Quello che sembrava un ottimo rifugio per nascondere le attività maligne del Principe, ne avrebbe accelerato la rovina.
Luca si rendeva conto, ancora prima di incontrarlo, che l'antico nemico del Drago era già sconfitto, il tempo era stato suo giudice, lui ora sarebbe stato il suo carnefice.
Il percorso fu lungo e ci volle quasi mezz'ora per arrivare nelle stanze del padrone del castello.
Il Principe aveva deciso di incontrare il suo ospite nella grande sala dei ricevimenti.
In origine, quando il palazzo fu costruito, questa, riccamente addobbata, era luogo di banchetti e feste sfarzose, ma, poi, con la trasformazione del castello in clinica, era diventata la sala mensa. Accanto a finiture baroccheggianti ed ad affreschi dal carattere spiccatamente bucolico, raffiguranti la famiglia del vecchio proprietario, si trovavano, in evidente stato di abbandono, i banchi del self service e un po' ovunque tavoli e sedie ammucchiati in malo modo. In mezzo a tutto questo, proprio nel centro della sala, era stata montata una pedana di legno ricoperta da un vecchio tappeto ammuffito, e sopra di esso, un grande sedia in legno con rifiniture dorate e seduta in velluto rosso. Rannicchiato sopra quel trono scricchiolante e fatiscente, l'uomo che per secoli aveva tenuto sotto scacco tutto il mondo conosciuto. Il signore della guerra. L'acerrimo nemico, per combattere il quale, Luca aveva passato tutti gli anni della sua infanzia ad essere preparato.
“Puzza di morte”, il pensiero aveva attraversato la mente di Luca appena entrato nella stanza.
Venne scortato fin davanti al trono della corte dei miracoli, il Principe lo osservava dallo scranno in silenzio, gli occhi, forse l'unica cosa che sembrava ancora viva in quel corpo avvizzito, puntati dritti su di lui.
Luca, conscio dell'esame a cui veniva sottoposto, stava immobile, gli occhi, a sua volta, fissi sul Principe. Lasciava che da essi trapelasse, non l'odio, ma la pietà per quel potente decaduto.
In un primo momento, Sua Maestà rimase stupito da quello che vedeva: era preparato alla paura, invece si trovava davanti la sfida e la pietà. Allora fu preso da un moto d'ira, il suo orgoglio ferito, e, finalmente, quella scintilla di vita che aveva cercato nel suo cuore per tutta la notte, esplose dentro di lui. Gli occhi fiammeggianti, si alzò in piedi, e con voce stentorea: « Come osi? » , al che il ragazzino per niente spaventato rispose: « Sei già morto da secoli » .
Il Principe, dimentico dell'importanza di Luca per i suoi piani di rivalsa, scattò in avanti, il suo corpo sembrava letteralmente gonfiarsi sotto la spinta della sua rabbia, le sue dimensioni aumentarono e nel tempo di un batter di ciglia, assunse la sua forma originaria, che per secoli era stata sepolta nell'oblio della sconfitta. Quando piombò sul corpo del ragazzo, il gigantesco Drago Rosso era tornato.
Luca, risultato di secoli di selezione e preparazione portati avanti da Alberto e da Paolino, non fu colto impreparato. I suoi sensi accelerati gli permettevano di guardare il Drago avventarsi su di lui come al rallentatore, poteva vederne i muscoli tesi, le arterie gonfie, lo sguardo pieno di rabbia, poteva sentirne il battito del cuore, coglierne il respiro e tutto questo nel lampo di tempo che fu necessario al mostro per avventarsi su di lui. Lasciò, allora, che tutta la forza e l'energia imbrigliate nel suo corpo fluissero liberamente e qualcosa di inimmaginabile successe.
L'uomo divenne Drago.
Il tabù che aveva resistito per milioni di anni era stato infranto.
Un'istante prima dello scontro tra i due giganteschi corpi, la scintilla di consapevolezza di quanto era stato tentato dal Drago Nero, attraversò la coscienza del Principe Rosso, il suo ultimo pensiero, prima di rovinare addosso a Luca fu: “Pazzo! Che cosa hai fatto?”.
Il giovane e forte Drago Bianco, fermò la corsa del suo avversario col proprio corpo, poi con un movimento rapidissimo, ne prese il collo tra le fauci e questo, stretto in una morsa irresistibile, si spezzò. La vita del Principe fuggì in un lungo sospiro, la morte arrivò a portare il sollievo troppo a lungo rinviato.
Nell'istante del trapasso, tra i due corpi avvinghiati successe una magia. Qualcosa alla quale Luca non era pronto, perché solo i draghi originari più antichi ne erano a conoscenza e Alberto ne aveva serbato il segreto.
Una scarica di energia unì le due menti, e tutti i ricordi e le esperienze secolari del Drago morente e di tutti i Draghi da lui uccisi e, ancora, di tutti i Draghi periti nelle numerose battaglie di questo antico popolo immortale, si riversarono nella mente di Luca.
Impreparato a ricevere una così incredibile messe di informazioni, perse i sensi e cadde proprio sul fianco del cadavere del suo avversario. Il suo aspetto riprese forma umana.
In un attimo tutto fu finito. Gli scagnozzi del Principe, viste le sue vere sembianze si erano dati alla fuga terrorizzati, l'unico rimasto nella sala ad assistere alla sconfitta del suo padrone fu Guglielmo.
Immobile in un angolo, gli occhi vitrei per lo stupore, la volontà fuggita dal suo corpo come la vita da quello del suo Signore. Poi lentamente si riprese. Si avvicinò al corpo del ragazzo svenuto, estrasse un coltello affilatissimo dalla fondina, che teneva celata alla caviglia, lo appoggiò alla sua gola. Se avesse portato a termine quello che si era prefissato, la sua vendetta sarebbe stata compiuta e la faida sanguinaria sarebbe stata chiusa. Avrebbe potuto tornare a casa, ammesso che la sua casa fosse ancora esistita. Ma in quel momento il pensiero del potere immenso del ragazzo attraversò la sua mente e si rese conto che adeguatamente manovrato sarebbe stata un'arma invincibile in suo possesso. Forse insieme avrebbero potuto riprendersi l'antico regno.
Ripose il coltello e raccolto il corpo di Luca dal pavimento se lo mise in spalla. Raggiunta l'ambulanza nella rimessa, si mise alla guida. Attraversato il viale, uscì dal cancello di ferro e diretto il mezzo a destra, imboccò la strada che si addentrava ancora più in profondità tra le colline boscose e disabitate.
Ora il destino del mondo era in mano sua.

sabato 3 aprile 2010

Luca, Paolino, Alberto e la pallina di gomma

V Parte

Quando il fuoristrada si fermò, erano passate le due del mattino, Alberto e Paolino lasciarono Carla profondamente addormentata e si incamminarono per il sentiero che conduceva alla piccola casetta sul fianco della collina, proprio in mezzo ad una radura completamente circondata dal bosco di castani.
Arrivati davanti all'entrata, esitarono.
Proprio in quel momento la porta si aprì e la figura piccola e magra di una vecchia signora si affacciò all'uscio. Gli occhi di lei guardarono con durezza Lodrago, ma quando si posarono su Paolino un'immensa dolcezza vi apparve e una lacrima fece capolino sulla sua guancia. Si chinò su di lui e lo abbraccio. Il muso duro del Lupo si raddolcì immediatamente e tutto il suo corpo si afflosciò tra le braccia della donna.
« La mia piccola Rosa » , disse con un moto di affetto incredibile in un vecchio duro come lui.
I ricordi si riversarono dentro di suo corpo come le acque del torrente in piena, gonfiate dal temporale estivo. I Giorni passati a contemplare il piccolo corpicino della splendida neonata, i suoi primi vagiti, il suo odore, un mix di lozioni profumate e latte. La sua fanciullezza, l'adolescenza e il suo divenire donna. Tutta una vita trascorsa al suo fianco, due esseri, un solo cuore.
Da secoli, Paolino condivideva la sua vita con quella dei membri di questa famiglia, ne era la memoria storica vivente, aveva visto nascere ognuno di loro e ne aveva contribuito all'istruzione, alla formazione. Di ognuno di loro serbava il ricordo e per ognuno di loro c'era nel suo cuore un angolo destinato all'amore che aveva provato e che ne aveva ricevuto. Un tesoro immenso che ogni giorno regalava alla sua lunga vita forza e fierezza.
Fu un abbraccio lungo e silenzioso.
Poi, Nonna Rosa, com'era conosciuta in quei giorni nella famiglia, si rialzò e, mentre con la mano detergeva la lacrima, entrò senza aggiungere una parola nella casa. I due la seguirono.
L'imbarazzo di Lodrago era palpabile, una volta dentro, si mise in un angolo, quasi non volesse ricordare alla donna la sua presenza, ma lei teneva i suoi occhi fissi su di lui.
Alla fine con voce esitante lui disse: « Ciao Rosa, quanto tempo... »
« Sono almeno quarant'anni che non ti fai vivo » Rispose lei di getto « se me ne fosse importato qualcosa, avrei pensato che fossi morto da un pezzo! »
« Già! » Rispose lui, la bocca completamente asciutta per l'emozione.
Paolino, intanto, osservava le schermaglie tra i due divertito: vedere una creatura antica come Alberto in imbarazzo come un ragazzino di quindici anni davanti al suo primo amore, era uno spettacolo che non avrebbe mai voluto perdersi.
« È successa una cosa molto grave. » disse, infine, il Lupo, interrompendo la catena di emozioni che teneva legati Alberto e Rosa. « il Principe è tornato e ha rapito Luca. » inutile perdere tempo in preamboli.
La stanza nella quale si trovavano era un piccolo salotto con angolo cottura e un vecchio tavolo di legno. La donna, nel sentire le tristi novità, si mise seduta su una delle quattro sedie, che, nonostante il poco peso di lei, scricchiolò tutta. Alberto rimase in piedi davanti a lei, immobile, mentre Paolino, si aggirava nervoso per la stanza, animale degli spazzi ampi, detestava essere chiuso in quella piccola casetta.
In quel momento la porta si spalancò e Carla irruppe nella stanza.
Si era svegliata pochi minuti prima e la sua meraviglia, nello scoprire che lo sconosciuto l'aveva portata dalla mamma di Bruno, fu tanta. Subito era scesa dal fuoristrada e si era precipitata alla casetta. Avvicinandosi, però, aveva sentito le voci provenire dall'interno e si era fermata davanti alla porta incerta sul da farsi. Così era andata alla finestra e il suo stupore nel vedere Paolino partecipare alla discussione e sentire la sua voce profonda mentre raccontava alla Nonna i particolari della sua fuga, quasi la fece uscire di testa. Poi una rabbia incredibile si impossesò del suo corpo. “In tutto questo tempo ho temuto che il mio bambino soffrisse di allucinazioni” pensava, mentre si avventava sulla porta: « Ora, uno di voi mi spiega cosa sta succedendo! » disse, il viso arrossato, con un tono che non ammetteva repliche.
A quel punto i tre si guardarono l'uno con l'altro e nei loro occhi traspariva il disappunto e la perplessità per aver lasciato che Carla si avvicinasse così tanto al loro segreto. Alberto le indicò una sedia e poi si mise seduto anche lui. Paolino raggiunse il divano di Rosa, vi saltò sopra e si accovacciò tranquillo, l'odore di lei, che impregnava il tessuto, lo faceva sentire a casa, poi era incerto su quanto Carla avesse sentito e preferiva defilarsi in un angolo.
« Dunque... » cominciò Alberto.
« no!, Non da lei, Lodrago. » lo interruppe subito Carla, « ma da lui! » disse indicando il Lupo, che faceva finta di dormire sul divano.
Al che Paolino emise un lungo e profondo sospiro: « da dove devo iniziare? » disse.
Per un istante la fermezza della mamma di Luca venne meno. “Allora è vero!” diceva dentro di se e il sollievo nello scoprire che suo figlio era sano di mente, riusciva a malapena a compensare la sensazione di assurdo che provava nello scoprire che il suo pastore tedesco parlava, “ forse la matta sono io”.
« voglio sapere tutto, fin dall'inizio! » cercava di mantenere la sua voce ferma, ma il tono troppo alto e un leggero tremito lasciavano trapelare l'incredibile incertezza che si era impossessata di lei.
Paolino guardò verso Alberto che fece un cenno affermativo con la testa, « è giusto » disse, « Carla deve sapere tutto » .
Allora si alzò, si mise a sedere e con voce ferma cominciò a raccontare.
Un fiume di parole uscì dalla bocca del Lupo, tutto l'universo di Carla, tutte le sue certezze venivano sconvolte, il mondo nel quale era convinta di vivere diventava estraneo e l'incredibile diventava parte di esso.
Quando Paolino terminò, le prime luci dell'alba facevano capolino dalle finestre della casa e il silenzio si protrasse per un tempo che sembrava infinito, mentre la povera donna assorbiva e cercava di accettare tutto ciò che aveva sentito.
Poi, Rosa si alzò e senza proferir parola mise il caffè sul fuoco. L'aroma della bevanda riempì la stanza e un gesto semplice, ripetuto migliaia di volte in tutte le case, riportò un po' di calma nei loro cuori eccitati.
« il tempo è poco » disse Alberto « io e Paolino dobbiamo andare » .
« si » , disse Carla, « riportatemi il mio bambino. Se questo Principe gli fa del male, io... » Per l'emozione le parole mancarono.
« Luca non è in pericolo » continuò Lodrago, « noi dobbiamo impedirgli di uccidere il Principe » .
Al che, Paolino lo fissò meravigliato.
« proprio tu che ben conosci la sua forza » disse il Drago guardandolo negli occhi, « non ti sei chiesto perché si sia lasciato catturare senza combattere? » .
« allora partiamo subito, potrebbe essere già troppo tardi! » disse il Lupo dirigendosi verso la porta.
Una volta fuori, Lodrago, riprese le sue maestose sembianze, il Lupo saltò sulla sua schiena e dispiegate le grandi ali, il Drago nero spiccò il volo verso Ovest.
Le due donne, che mai prima di allora avevano potuto vedere Alberto nel suo pieno aspetto rimasero sulla porta in silenzio.
Il mondo entrava in una nuova era.